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Giuseppe Zuccarino | Effrazioni e simulacri


Giuseppe Zuccarino est professeur, critique et écrivain. Ses derniers ouvrages sont un recueil d’essais sur la littérature et les arts, Da un’arte all’altra, ainsi qu’un très beau recueil de fragments, Grafemi. Il participe à de nombreux projets dont le site italien La Dimora del Tempo Sospeso.


Fra gli scritti narrativi di Maurice Blanchot, L’arrêt de mort è forse quello che esercita una maggiore attrattiva sul lettore (su un certo tipo di lettore), unita però ; a un notevole effetto intimidatorio. I due aspetti sono già stati segnalati da tempo dalla critica : l’opera appare magistrale sotto il profilo letterario, ma molto complessa, tanto che, dopo tutti i tentativi di decifrazione che ne sono stati compiuti, conserva ancora un carattere misterioso. Certo, esistono narrazioni blanchotiane ancor più enigmatiche di questa, ma non si può ; dire che la superino per intensità emotiva. è forse lecito ravvisare in ciò ; una conferma dell’impressione suscitata dal racconto in Bataille: quella che l’autore sia stato costretto a scriverlo (1). Una lettura di esso, specie se contenuta in un ristretto numero di pagine, dovrà subito confessare i propri limiti, sia rinunciando a seguirlo punto per punto, sia tenendo conto solo in minima parte di ciò ; che è stato detto dagli studiosi precedenti.

Di fronte a L’arrêt de mort, ci sono almeno due domande che tornano spesso, quasi in via preliminare. La prima riguarda il senso del titolo (lo si deve intendere nell’accezione di “la sentenza di morte” oppure in quella di “la sospensione della morte” ?) e l’altra la struttura (si tratta di un unico racconto diviso in due sezioni oppure di due racconti distinti ?)(2). Tuttavia, se si va a leggere la prière d’insérer, cioè il foglietto informativo che accompagnava la prima edizione del libro blanchotiano, entrambi i dubbi sembrano dover essere fortemente ridotti. Il foglietto comprende due brevi scritti, il primo dei quali, siglato M. B., è disposto sulla pagina come una sorta di epigrafe: “Indubbiamente non vi è nulla di comune tra questi due libri, Le Très-Haut, L’arrêt de mort, che vengono pubblicati nello stesso tempo(3). Ma, a me che li ho scritti, sembra che l’uno sia, in certo modo, presente dietro l’altro, non come due testi che si implicano a vicenda, ma come due versioni inconciliabili, e tuttavia concordanti, di una stessa realtà, ugualmente assente da entrambe”. Segue un secondo brano, anonimo ma ancor più significativo: “Questo è forse un racconto strano, ma riferisce, in piena chiarezza, eventi di cui tutto lascia credere che abbiano avuto luogo realmente, e che continuino, ancora adesso, ad aver luogo. Poe ha narrato, in un celebre racconto, la cupa storia di un essere che non aveva potuto rassegnarsi a morire. Ma Poe, ossessionato dal ricordo di sua madre, morta giovanissima, e che egli vedeva rivivere in tutte le donne da lui amate, nella mirabile resurrezione di Lady Ligeia non ha espresso altro che l’ossessione del proprio sogno e del proprio faccia a faccia con la morte. Cosa accadrebbe se colui che muore non si abbandonasse completamente alla morte ? Cos’è accaduto, in verità, il giorno in cui, per la più grande e più seria delle ragioni, qualcuno che era già entrato nella morte, di colpo ha arrestato la morte ? Questa storia non è un sogno, non ha avuto luogo in un mondo di sogno ; è iniziata pochi anni fa, mercoledì ; 13 ottobre ; si è svolta in mezzo a noi ; e può ; darsi che non sia ancora finita, ma forse ciò ; dipende dal fatto che non può ; avere fine. Poiché è anche questo, la morte”(4). La voce che parla in queste righe somiglia già a quella che si rivolgerà ai lettori nel corso del racconto ; sembra escluso, infatti, che considerazioni del genere siano attribuibili a un redattore della casa editrice(5). Dunque è come se il racconto (nella prière d’insérer lo si indica al singolare) cominciasse subito, prima ancora della pagina di apertura, a narrare la storia di una morte sospesa.
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